vincitore2022
1° classificato
Chiudendo la porta, saluto Rocky
di Manuela Profeti
Chiudendo la porta, salutò Rocky e il suo amico umano, di passaggio per il giretto serale. Anche quella giornata era finita. lnsieme al camice, appese all’attaccapanni le cose rimaste incompiute: le cartelle da compilare, i medicinali da ordinare e varie piccole incombenze.
Desiderò casa, il fuoco nel camino, della carne da cuocere e un bicchiere di buon rosso per compagnia. Tirò giù le tapparelle dell’ambulatorio, passò dalle gabbie per un ultimo controllo ai due gatti che aveva operato quel giorno e li trovò tranquilli e appisolati.
Salì sulla sua Jeep ignorando il solito fastidio al ginocchio e partì senza aspettare che il motore diesel si scaldasse: Ia fame e la stanchezza erano arrivate insieme, e avevano fretta.
Girò verso il paese, tre chilometri più avanti. Parcheggiò fuori dalla tenuta per non far uscire i suoi tre cani che, appena varcò il cancellino gli saltarono addosso. Il rito del ritorno: gli abbai, i baci, i salti, poi tutti insieme in cucina, il fuoco che illumina la stanza, l’odore della carne che cuoce.
Era sereno, si sentiva bene, non gli pesava d’essere solo. Ormai, i cinquant’anni passati da un po’, anche i suoi amici avevano smesso di chiedere e pungolare sul perché non si cercasse qualcuna, come se il cercare corrispondesse al trovare, quando quel trovare non sia solo risposta alla paura della solitudine.
Stava così, nutrito del lavoro che amava, delle passeggiate con il gruppo del trekking, delle serate col suo amico astronomo e filosofo con cui dibatteva di vita e vite e morte si o mofte no e di politica e di storia e tanto altro ancora. E poi aveva i suoi libri, quei classici letti e riletti e ogni volta la meraviglia del ritrovare pensieri che vanno oltre, che entrano dentro e fanno spazio, creano libertà. Sapeva di essere uno da fondale marino, sapeva che laggiù vivono in pochi perché la vita è più lenta, più spessa. Sapeva che le tante creature dell’acqua bassa non si sarebbero adattate alla vita degli abissi e lui, del resto, non era un tipo da laguna. Ma sapeva anche, di non sapere.
Quella sera ricevette una telefonata: una voce roca, con un fondo di tristezza, gli chiese scusa per I’ora e gli spiego che la sua gatta, Mai, da qualche giorno respirava male e dalla sua veterinaria era emerso un problema cardiaco, lui era specializzato in cardiologia, lei voleva un altro parere. Le dette appuntamento per il giorno dopo. Si salutarono, posò il cellulare e rimase a pensare: qualcosa, in quella voce…
Quando arrivò all’ambulatorio, la mattina dopo, un trasportino giallo era davanti alla porta, e una persona discuteva al telefono, poco più in Ià. Lo colpì la sua voce, di nuovo, e nel modo di camminare, c’era qualcosa.
– “Frecciarossa” Milano-Firenze – disse lei, guardandolo negli occhi. – Un anno fa. Abbiamo parlato per tre ore – continuò lui – il viaggio più corto della mia vita.
Aprì la porta, alzo il trasportino e incontrò i due occhi azzurri della gatta misto siamese.
– Ciao, Mai, ascoltiamo il tuo cuore -.
Manuela Profeti
Il giudizio della Giuria
Il racconto colpisce per la sua fluidità nella lettura e il senso metaforico che racchiude in una pagina il concetto complesso delle sorprese dell’Amore. La contrapposizione tra la ricerca dell’Amore come “risposta alla paura dalla solitudine” e il nascere spontaneo dell’Amore, in un incontro quasi casuale, è ben inserito tra le righe della quotidianità. Il finale lascia spazio all’immaginazione e invita, quindi, ad una riflessione che porta oltre il racconto stesso. |
L’Amore raccontato nella sua quotidiana imprevedibilità. |